Pubblicato per la prima volta nel 1906, ma composto due secoli prima. Racchiude l'antica saggezza dei samurai sotto forma di brevi aforismi. Yamamoto Tsunemoto, vissuto in un'epoca di pace e di conseguente decadenza della figura del samurai, si chiuse in un monastero buddhista, dove per sette anni ammaestrò all'antico codice d'onore il giovane Tashiro Tsunamoto, che trascrisse le conversazioni avute con il maestro e le raccolse negli undici volumi che compongono Hagakure.
"Questi sono gli insegnamenti di Yamamoto Jinuemon, padre di Tsunemoto: La determinazione è tutto. Tieni ben legato persino un pollo arrostito. Continua a spronare un cavallo al galoppo. Chi ti critica apertemente non agisce con malizia. Ciò che facciamo in vita riecheggia nell'eternità. Il denaro è qualcosa che si trova quando lo si cerca,un uomo buono non si trova così facilmente. Cammina con una persona integerrima per un chilometro e ti racconterà almeno sette bugie. E' un atto di cortesia domandare quando si conosce già la risposta.Chiedere quando non si sa è un dovere. Se si guarda bene in una direzione, si vedono anche tutte le altre. Avvolgi le tue intezioni in aghi di pino. Non si dovrebbe spalancare la bocca o sbadigliare di fronte agli altri.E' bene farlo dietro il ventaglio o la manica. Il cappello di bambù e l'elmetto vanno portati ben calcati sulla fronte.
(XI-42)"
"Il monaco Ryoi diceva: "I samurai di una volta erano mortificati all'idea di morire nel proprio letto: speravano di cadere sul campo di battaglia.Anche un monaco non potrebbe realizzare la Via se non avesse quest'aspirazione.E' da codardi evitare la compagnia degli altri uomini. Solo una teoria sbagliata spinge qualcuno a credere che, isolandosi, agirà nel modo giusto. Perchè anche se egli farà qualcosa di buono ritirandosi, non riuscirà ad aprire la strada alle generazioni future rimanendo fedele alle tradizioni del proprio clan.
(X, 148)"
"Si racconta che al termine di ogni riunione del suo clan, Oki Hyobu dicesse sempre:"I giovani devono sforzarsi di accrescere la loro determinazione e il loro coraggio. Ciò è possibile solo se il coraggio è radicato nel cuore. Quando la spada è spezzata, bisogna attaccare con le mani. Quando le mani sono amputate, è necessario servirsi delle spalle. Quando le spalle sono ferite, bisogna mordere il collo di dieci e persino quindici avversari.Ecco cos'è il coraggio."
(VII,40)"
...affrontare l'attualità della vita dopo aver letto "Hagakure" è un'altra cosa...
giovedì 3 settembre 2009
Rassegna stampa da http://www.gabrielesandri.it
Dopo il divieto d'ingresso all'immagine di Gabriele ieri prima di Chievo-Lazio da parte delle autorità di pubblica sicurezza e il successivo abbandono del settore ospiti da parte dei tifosi laziali, replica la famiglia Sandri Cristiano Sandri: “L'episodio di ieri di Verona non ha precedenti e si commenta da solo. Sono circa due anni che l'immagine di Gabriele campeggia in tanti stadi d'Italia e d'Europa. La sua foto è adottata da migliaia di giovani senza distinzione di città o nazione, perché Gabriele era l'espressione positiva della vita. I ragazzi si immedesimano in lui, tutti potevamo essere nella sua auto e raggiunti dalla pallottola omicida. In primo grado non gli è stata resa quella giustizia giusta invero dovuta. Adesso è impensabile che ci sia addirittura la volontà di bandirne il volto sorridente dalle curve degli stadi. Per preservarne la memoria è stata pensata la Fondazione Gabriele Sandri. Dopo l'interessamento della FIGC, attendiamo di ufficializzarne la costituzione attraverso il comitato promotore. Il Comune di Roma si è impegnato per ristrutturare il locale di Piazza della Libertà per farne la sede. Facciano presto, si sbrighino! C'è bisogno di lanciare messaggi positivi ai giovani.”Giorgio Sandri: “Quanto accaduto al Bentegodi è la riprova dell'importanza di azioni tese a sensibilizzare l'opinione pubblica per creare la cultura del rispetto dell'altro. L'11 Novembre 2007 non può essere cancellato vietando l'ingresso allo stadio dell'immagine di Gabriele e la Fondazione Sandri servirà proprio a non dimenticare, perché quanto successo a mio figlio non avvenga mai più in futuro. Per ristrutturare la sede, si è impegnato in prima persona il Sindaco Alemanno, che con il Comune di Roma è promotore della costituzione e socio-fondatore. Il Presidente Abete ha fatto un bel gesto volendo intervenire con la FIGC.”
lunedì 24 agosto 2009
Tratto da www.gabrielesandri.it
Mai più 11 Novembre 2007, nel nome di Gabbo.
MOVIMENTO D'OPINIONE. Ho passato con la famiglia Sandri 9 mesi in giro per l’Italia a presentare il mio ultimo libro, con l’intento di raccontare i fatti di quella maledetta domenica in cui venne tolta la vita al giovane Gabbo. Oltre 20 tappe itineranti, dal Nord al Sud. Qualcosa come 6.000 persone incontrate. Ovunque sgomento e la stessa domanda: perché morire sparati sull’Autostrada del Sole? E noi li a fornire cronaca, elementi di riflessione. Cosa videro i 5 testi oculari, il folle sparo di un agente della Polizia che da 70 metri puntò un auto in movimento. E poi gli inevitabili stereotipi da sfatare: la violenza nel calcio e lo scorribandismo che con questa morte non c’entrano nulla. E in fila altri tasselli: un’informazione omissiva, il corto circuito giovanile, le istituzioni ammutolite nel gestire la comunicazione di crisi. Insomma, le 24 ore dell’11 Novembre 2007. Il libro come strumento di verità, di crescita culturale, senza fazionismi né tesi precostituite. Tutto alla luce del sole. Parallelamente alle udienze nel tribunale di Arezzo. Verità chiama giustizia. SENTENZA COLPOSA. Infine la sentenza della Corte d’Assise ad un anno e 8 mesi dal primo giorno di dolore di Daniela, Giorgio e Cristiano Sandri. Ci si aspettava un responso giusto. La richiedevano un po’ tutti, in nome del popolo sovrano. Anche Amnesty International, lamentando per il delitto dell’A1 la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Invece c’è toccato un verdetto che definire mite è generosamente poco. Ortopedia giuridica, il capello spaccato in quattro. Certo, attendiamo la lettura delle motivazioni della corte, la cui pronuncia va sempre rispettata. Ma è lecito non condividerla e discuterla civilmente quando un caso di omicidio volontario con dolo eventuale dopo 8 ore di camera di consiglio viene licenziato per omicidio con colpa cosciente. Naturalmente s’è indignata la famiglia Sandri (“Avrebbero dovuto vedere mio fratello in camera mortuaria….”, dice Cristiano lacrime agli occhi) e con loro l’opinione pubblica che si è spaccata (“La divisa ha pagato”, ripete l’amico di Gabbo Lorenzo De Silvestri). SOFFIARE SUL FUOCO. Ma dal 14 Luglio 2009 si è rispolverato anche il desueto cliché che si credeva in naftalina dall’11 Novembre 2007. Il solito triangolo è rispuntato fuori. Puntuale. Disegnato con la stessa sequenza di attori: Stato/Polizia, ultrà e grancassa mediatica. Uno, due e tre. Muro contro muro, ancora tutti contro. “Gli ultras gridano vendetta”, titolava La Repubblica, “i demoni sono di nuovo tra noi”, lanciandosi in uno spericolato pezzo di allarmismo preventivo, tanto per non rimanere indietro coi tempi. “Le curve pronte a esplodere alla ripresa del campionato”, Il Corriere della Sera in futuristiche previsioni di guerriglia curvarola a 30 giorni di distanza dal fischio d’inizio. Il Messaggero con l’annuncio di inasprimenti per i violenti del tifo, con tanto di foto di Gabriele in prima pagina. Ma come? Ci risiamo? Ci si è ricascati un’altra volta? Cosa c’entra rielaborare l’abbinamento “Sandri-violenza degli ultrà”? A chi giova ridelimitarne le palizzate? Sembra come se si voglia ostinatamente soffiare sotto le ceneri dei deprecabili assalti alle caserme di quella giornata buia che tutti ricordiamo con sdegno, quasi a voler riattizzare in modo indotto chissà quale scintilla altamente ignifuga. Fino a prova contraria, in tutta la penisola c’è stato solo un nuovo (dico 1) increscioso episodio reazionario, oltretutto scollegato alla sentenza. Colpa di una decina di unità impazzite che hanno agito nell’oscurità della notte romana in una città di oltre 3 milioni di abitanti. LASCIAMOLO IN PACE. Ecco allora la domanda regina: perché etichettare così l’omicidio Sandri e l’imbarazzo per una sentenza discutibile anche al dire di giuristi, specialisti e consulenti di diritto? Se si vuole che non ci sia mai più un nuovo 11 Novembre 2007, c’è bisogno di un passo in avanti di tutte le componenti, con coscienza e responsabilità: in primis dallo Stato, che in Appello sarà chiamato ad esprimersi fugando inopportuni ed imbarazzanti coni d’ombra che intrecciano sin dall’inizio questa triste vicenda. A seguire i mezzi di comunicazione, che piuttosto che prendere derive sensazionalistiche, una volta per tutte possono unire deontologicamente cronaca e informazione alla critica sensata. Non certo per ultimo, a completare il triangolo quelli che forse in pochi se ne sono accorti: un passo avanti l’hanno già fatto i giovani delle curve. Con cori e striscioni chiedono ininterrottamente giustizia, non vendetta, per un ragazzo come loro che non c’è più (“Uno di noi”, gridano). Serve un passo avanti di tutti per lasciare in pace il povero Gabriele Sandri, vittima di un meccanismo più grande di un disc jochey cittadino della nostra Repubblica.
Maurizio Martucci
http://www.gabrielesandri.it
MOVIMENTO D'OPINIONE. Ho passato con la famiglia Sandri 9 mesi in giro per l’Italia a presentare il mio ultimo libro, con l’intento di raccontare i fatti di quella maledetta domenica in cui venne tolta la vita al giovane Gabbo. Oltre 20 tappe itineranti, dal Nord al Sud. Qualcosa come 6.000 persone incontrate. Ovunque sgomento e la stessa domanda: perché morire sparati sull’Autostrada del Sole? E noi li a fornire cronaca, elementi di riflessione. Cosa videro i 5 testi oculari, il folle sparo di un agente della Polizia che da 70 metri puntò un auto in movimento. E poi gli inevitabili stereotipi da sfatare: la violenza nel calcio e lo scorribandismo che con questa morte non c’entrano nulla. E in fila altri tasselli: un’informazione omissiva, il corto circuito giovanile, le istituzioni ammutolite nel gestire la comunicazione di crisi. Insomma, le 24 ore dell’11 Novembre 2007. Il libro come strumento di verità, di crescita culturale, senza fazionismi né tesi precostituite. Tutto alla luce del sole. Parallelamente alle udienze nel tribunale di Arezzo. Verità chiama giustizia. SENTENZA COLPOSA. Infine la sentenza della Corte d’Assise ad un anno e 8 mesi dal primo giorno di dolore di Daniela, Giorgio e Cristiano Sandri. Ci si aspettava un responso giusto. La richiedevano un po’ tutti, in nome del popolo sovrano. Anche Amnesty International, lamentando per il delitto dell’A1 la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Invece c’è toccato un verdetto che definire mite è generosamente poco. Ortopedia giuridica, il capello spaccato in quattro. Certo, attendiamo la lettura delle motivazioni della corte, la cui pronuncia va sempre rispettata. Ma è lecito non condividerla e discuterla civilmente quando un caso di omicidio volontario con dolo eventuale dopo 8 ore di camera di consiglio viene licenziato per omicidio con colpa cosciente. Naturalmente s’è indignata la famiglia Sandri (“Avrebbero dovuto vedere mio fratello in camera mortuaria….”, dice Cristiano lacrime agli occhi) e con loro l’opinione pubblica che si è spaccata (“La divisa ha pagato”, ripete l’amico di Gabbo Lorenzo De Silvestri). SOFFIARE SUL FUOCO. Ma dal 14 Luglio 2009 si è rispolverato anche il desueto cliché che si credeva in naftalina dall’11 Novembre 2007. Il solito triangolo è rispuntato fuori. Puntuale. Disegnato con la stessa sequenza di attori: Stato/Polizia, ultrà e grancassa mediatica. Uno, due e tre. Muro contro muro, ancora tutti contro. “Gli ultras gridano vendetta”, titolava La Repubblica, “i demoni sono di nuovo tra noi”, lanciandosi in uno spericolato pezzo di allarmismo preventivo, tanto per non rimanere indietro coi tempi. “Le curve pronte a esplodere alla ripresa del campionato”, Il Corriere della Sera in futuristiche previsioni di guerriglia curvarola a 30 giorni di distanza dal fischio d’inizio. Il Messaggero con l’annuncio di inasprimenti per i violenti del tifo, con tanto di foto di Gabriele in prima pagina. Ma come? Ci risiamo? Ci si è ricascati un’altra volta? Cosa c’entra rielaborare l’abbinamento “Sandri-violenza degli ultrà”? A chi giova ridelimitarne le palizzate? Sembra come se si voglia ostinatamente soffiare sotto le ceneri dei deprecabili assalti alle caserme di quella giornata buia che tutti ricordiamo con sdegno, quasi a voler riattizzare in modo indotto chissà quale scintilla altamente ignifuga. Fino a prova contraria, in tutta la penisola c’è stato solo un nuovo (dico 1) increscioso episodio reazionario, oltretutto scollegato alla sentenza. Colpa di una decina di unità impazzite che hanno agito nell’oscurità della notte romana in una città di oltre 3 milioni di abitanti. LASCIAMOLO IN PACE. Ecco allora la domanda regina: perché etichettare così l’omicidio Sandri e l’imbarazzo per una sentenza discutibile anche al dire di giuristi, specialisti e consulenti di diritto? Se si vuole che non ci sia mai più un nuovo 11 Novembre 2007, c’è bisogno di un passo in avanti di tutte le componenti, con coscienza e responsabilità: in primis dallo Stato, che in Appello sarà chiamato ad esprimersi fugando inopportuni ed imbarazzanti coni d’ombra che intrecciano sin dall’inizio questa triste vicenda. A seguire i mezzi di comunicazione, che piuttosto che prendere derive sensazionalistiche, una volta per tutte possono unire deontologicamente cronaca e informazione alla critica sensata. Non certo per ultimo, a completare il triangolo quelli che forse in pochi se ne sono accorti: un passo avanti l’hanno già fatto i giovani delle curve. Con cori e striscioni chiedono ininterrottamente giustizia, non vendetta, per un ragazzo come loro che non c’è più (“Uno di noi”, gridano). Serve un passo avanti di tutti per lasciare in pace il povero Gabriele Sandri, vittima di un meccanismo più grande di un disc jochey cittadino della nostra Repubblica.
Maurizio Martucci
http://www.gabrielesandri.it
"Troppo cicciona, paga doppio", bloccata al check-in
"Mi spiace ma lei è troppo voluminosa, se vuole viaggiare con noi deve pagare due biglietti". Così una signora romana è stata accolta all'aeroporto di Bari dagli impiegati Easyjet. Costretta a pesarsi davanti ai passeggeri, ha scelto di tornar nella capitale in macchina. La signora - 55 anni e peso intorno al quintale - ha denunciato la compagnia aerea per danni morali e materiali.
Facciamoci almeno due risate...cose pazzesche!
Facciamoci almeno due risate...cose pazzesche!
Facebook, via 'Rimbalza clandestino'
(ANSA) - ROMA, 23 AGO - Cancellato da Facebook il gioco ideato dal figlio di Umberto Bossi, Renzo, 'Rimbalza il clandestino', dopo polemiche, denunce e proteste.L'obiettivo del gioco era quello di 'mantenere il controllo sui clandestini in Italia'. E, puntando il mouse sulle navi che di volta in volta avvicinavano le coste italiane, si potevano 'rimandare indietro' gli immigrati e 'ottenere punti in base alle barche respinte' passando cosi' al livello successivo.
Tentato stupro tendopoli: un fermo
(ANSA) - L'AQUILA, 23 AGO - Fermato uno sfollato romeno di 35 anni, residente nella tendopoli di San Sisto, ricercato per un tentativo di violenza sessuale. Oltre che per minacce e lesioni personali. Il fatto risale alla notte tra il 20 e il 21 agosto. Secondo le accuse l'uomo, ubriaco ed armato di coltello, avrebbe tentato di violentare una ragazza dell'Aquila, anche lei ospite della tendopoli. L'uomo aveva gia' preso contatti con alcuni connazionali per tornare in Romania.
Lascio a vuoi valutare...
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